Il Patrono

S. Francesco Caracciolo Fondazione dei Chierici Regolari Minori nato a Villa S.Maria (CH) il 13/10/1563 Patrono dei Cuochi d’Italia, Accogliendo in tal modo, la forza di Dio, e come vero devoto della Madonna, il Santo ne partecipa i frutti benefici verso tutti; specialmente verso gli amati cuochi, la cui vita e servizio, già così strettamente legati alla mensa umana, attingono – dal contatto con la Mensa Eucaristica – sorprendenti impulsi di gioiosa serenità personale e di feconda incisività sociale. L’amore trae le sue origini dalla relazione Trinitaria, cui partecipa l’umanità riscattata dal sangue di Cristo; e per la sua intrinseca natura, si a macchia d’olio. Chi, meglio di Francesco, seppe incarnarlo facendolo diventare luce ed azione verso coloro che per la loro condizione spirituale e materiale erano l’immagine vivente di Cristo . I due amori (l’Eucarestia e la Madonna) ormai si erano fusi in una potente energia che lo spingeva a distribuire i frutti della sua elevata spiritualità a tutti gli emarginati e i reietti. Da qui riceve significato la scelta del Santo come patrono da parte dei cuochi nei quali più che in ogni altro si possono ben sposare le esigenze del corpo (per vivere nella sua fisicità) e quelle dell’anima per vivere la vita di Dio.

AGIOGRAFIA. “Francesco Caracciolo figlio di don Ferrante Caracciolo, signore di Villa Santa Maria, e di Isabella Barattucci, alla nascita porta il nome di Ascanio e ricevette un’educazione consona al suo rango nobiliare. Il santo mostrò sin dall’infanzia una certa inclinazione religiosa. A ventidue anni venne colpito da una malattia (forse l’elefantiasi) che ne sfigurò il volto: promise di abbracciare lo stato ecclesiastico in caso di guarigione e, esaudito, si trasferì a Napoli per adempiere al suo voto: riprese gli studi e si dedicò particolarmente alla lettura degli scritti teologici di Tommaso d’Aquino.

Ordinato sacerdote, celebrò la sua prima messa nel 1587: si dedicò specialmente alla cura dei poveri e degli infermi e si ascrisse alla compagnia dei Bianchi, una confraternita dedita all’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte.

Poiché nella compagnia dei Bianchi operava anche un suo omonimo, gli fu recapitata erroneamente una lettera di Giovanni Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo contenente l’invito a unirsi a loro per dare inizio a una nuova congregazione religiosa: lo scambio di persona venne ritenuto un segno della Provvidenza e Ascanio venne comunque ammesso nel numero dei futuri fondatori dell’istituto.

I tre si ritirarono nell’eremo dei Camaldoli di San Salvatore di Napoli, dove stesero la regola della futura congregazione dei Chierici Regolari Minori, poi i due Caracciolo si recarono a Roma, dove papa Sisto V concesse loro la sua approvazione con la bolla Sacrae religionis del 1º luglio 1588: ciò che maggiormente caratterizzava la regola era la scelta da parte dei suoi membri di non ambire a dignità ecclesiastiche, sia all’interno dell’ordine che nella Chiesa. Il 9 aprile 1589 Ascanio emise la sua solenne professione dei voti nella cappella della compagnia dei Bianchi e assunse il nome religioso di Francesco. Morto l’Adorno, che fino ad allora era stato la guida del gruppo, Francesco Caracciolo venne eletto superiore generale dell’ordine. Francesco diede un notevole impulso alla diffusione dei suoi religiosi sia in Italia (ottenne delle chiese a Roma) che all’estero (nel 1594 fondò le prime case Spagna). Lasciò il governo dei Chierici Regolari Minori (che in suo onore presero a essere chiamati caracciolini) nel 1607 e non volle più ricoprire nessuna carica nell’ordine.

Avendo la congregazione dell’Oratorio di Agnone manifestato interesse a unirsi al suo ordine, Francesco si recò in Molise per discutere dell’eventuale ingresso di quei padri tra i caracciolini: approfittò del viaggio per recarsi a visitare i suoi parenti a Montelapiano. Morì presso gli oratoriani di Agnone mentre si accingeva a tornare a Napoli.

Venne beatificato da papa Clemente XIV il 10 settembre 1770 e proclamato santo da papa Pio VII il 24 maggio 1807 è compatrono di Napoli dal 1840, patrono dei congressi eucaristici abruzzesi e dei cuochi d’Italia. La sua salma venne traslata nella chiesa di Santa Maria di Monteverginella, dov’è tuttora conservata, dal 9 maggio 1844. La sua memoria liturgica ricorre il 4 giugno.

Tra le opere d’arte che lo raffigurano: un busto d’argento conservato nel museo del tesoro di San Gennaro a Napoli, un dipinto di Romano Corradetti nella chiesa dei Santi Angeli Custodi a Roma e una statua realizzata da Francesco Massimiliano Laboureur e Innocenzo Fraccaroli sotto la direzione di Bertel Thorvaldsen per la basilica di San Pietro. Pubblicazione a cura di Benedetto Monaco

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